Il 9 novembre 1989 crolla il simbolo della guerra fredda. Le immagini del muro: la costruzione, il dolore di Berlino, il ritorno della Germania unita
Tutti gli uomini liberi, ovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso di dire: Ich bin ein Berliner! (sono un berlinese).E’ la fine del discorso di John Kennedy a Berlino il 15 giugno del 1963, in piena guerra fredda. JFK non potè seguire gli sviluppi dell’ancora lontano disgelo tra est e ovest, che culminò vent’anni fa, la notte del 9 novembre 1989, con la caduta del muro di Berlino. E che oggi la Germania celebra con una serie di grandi eventi tra cui anche l'abbattimento degli ultimi pezzi di muro: ecco il programma.
Vent’anni fa l’Europa tornò unica e unita con l’abbattimento dei 150 chilometri che dividevano le due Berlino: il muro del dolore, l’eredità più pesante del nazismo e del comunismo, il simbolo più evidente della cortina di ferro , che iniziò a essere smantellata pochi mesi prima con l’apertura tra Ungheria e Austria. Facciamo però un salto indietro.
E’ il 13 agosto 1961. Il regime comunista della DDR ordina di far costruire in fretta e furia una barriera che divida Berlino Ovest, sotto controllo americano, dalla parte est e da tutta la Germania orientale. Dapprima fu una rete di filo spinato, poi un muro di cemento di tre metri e mezzo sorvegliato giorno e notte dai Vopos (la polizia del popolo), che sparava a vista dalle torrette di controllo.
L’obiettivo del muro: evitare che il popolo della Germania socialista potesse scappare nel mondo normale (Viktor Suvorov).
Il muro non divise soltanto la città, ma intere famiglie e amicizie che, a volte per pochi metri, non si incontrarono più. I tentativi di scavalcare “Die Mauer” furono moltissimi e tra i più fantasiosi. Chi lo sorvolò in mongolfiera, chi si fece chiudere nei bauli delle auto e chi, addirittura, in una bara. Molti, però, furono fermati prima. Le guardie avevano l’ordine di mitragliare i fuggitivi e lo fecero. I dati parlano di circa 130 persone uccise, ma le associazioni delle vittime parlano di oltre 200.
Se dovete sparare, fate in modo che la persona in questione non vada via ma rimanga con noi (Eirch Mielke, ministro sicurezza DDR)
Negli anni’80, però, i tempi cominciarono ad essere maturi per un'apertura. Gorbaciov adotta la politica della glasnost e il mondo se ne accorge. Usa e Urss non vogliono più odiarsi. Helmut Kohl, allora cancelliere della Germania Ovest, incalza sempre più Gorbaciov. Fino alla notte del 9 novembre di vent’anni fa. Berlino, che aveva portato le due superpotenze alla massima tensione, si trasforma in simbolo di pace. Il resto lo conosciamo. Nei giorni successivi al crollo del muro “ci sentivamo al centro del mondo”, dice il protagonista di Goodbye Lenin in una scena. E tuttora è così. Berlino, capitale della Germania riunificata, diventa una delle città più creative e stimolanti al mondo. Un altro mattone caduto dal muro.
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